Di Australia, lavanderie, polvere ed entropia
Il problema della mia generazione...
no, incipit infelice, cambio
Noi che non si aveva il cellulare ...
no, infelice pure questo. Riprovo
Io sono cresciuta guardando Georgie. E anche I Jefferson, quelli della lavanderia.
Ricordo una compagna di prima media - poi l'hanno bocciata e non l'ho più vista, d'altronde non era venuta a scuola i primi mesi perché c'era vendemmia e le sue braccia servivano più a tirar giù l'uva che a far le espressioni e l'analisi logica - ricordo dunque tal Lavinia - scusa se mi ricordo di te solo per questo - che non aveva idea di chi fosse Georgie. Eh, certo, non guardava i cartoni animati, stava in vigna. Poi scoprii anche io che in realtà è un manga, pure piuttosto ambiguo, tra l'altro. Ma allora era solo l'idolo dei miei sogni preadolescenziali, con tanto di viaggio in Australia e koala e pure matrigna stronza. Avrei accettato tutto, pur di avere Abel e Artur. E Lowell. Insomma, quando ne parlavo con gli occhi sognanti a cuoricino come se stessi parlando del mio destino prossimo, questa mi guardava interdetta e diceva "Jefferson"? Si confondeva, pensando all'arricchito proprietario di lavanderie con simpatica moglie sovrappeso, domestica stizzosa e figlio tontolone. Ma come si può confondere Georgie con George Jefferson, dico io? Ecco perché mi sono dimenticata di tutto il resto, cara Lavinia, certi affronti non si superano mai.
Ma non avevi torto, ho scoperti. Almeno non così tanto.
C'è qualcosa che accomuna Georgie e i signori Jefferson, qualcosa che mi ha segnato indelebilmente e insieme a me una intera generazione.
C'erano in comune la polvere. E il sudore. E l'entropia.
Nei cartoni animanti e nelle serie tv non c'è la polvere. Non c'è il sudore. Non c'è lo spessore entropico della realtà. Vogliamo convincerci che il problema dei nostri giorni siano i filtri di Instagram. Ma non è mica vero. Non sono le fotomodelle col corpo perfetto, nemmeno quelle col corpo rifatto. Non sono i filtri snellenti, svecchanti o quant'altro. Quelli sono la conseguenza, mica la causa.
La verità è che nelle vite sognate da ragazzine non c'era da smacchiare, spolverare, nessuno puzzava di sudore. Manco quelli con la lavanderia. Si lava e si stira sempre i panni degli altri, e infatti li vediamo sempre dopo - impacchettati e stirati. Mai macchiati e puzzolenti.
E allora ci siamo fissate, noi che in quegli anni lì si stava formando la corteccia prefrontale, che un giorno avremmo vissuto coi koala, con la domestica e col fighissimo biondino, in una casa senza polvere. Dove la domestica era parte dell'arredamento, dava un tono. Ma mica nemmeno lei puliva davvero. Dove lo sporto non si creava e tu potevi al massimo fare una torta, l'arrosto, il pane... ma senza briciole, non sia mai!
A noi hanno negato la consapevolezza dell'entropia.
E abbiamo ipostatizzato quell'Iperuranio lì, nella nostra giovane corteccia prefrontale in formazione, senza macchie, senza povere e senza sudore. E stiamo ancora sperando che un bel giorno, per mimesi, metessi o parusia, anche le nostre case diventeranno simulacri di quelle platoniche idee che non per reminiscenza, ma per teledipendenza, troviamo dentro di noi.
Così siamo arrivate ai reel: a me piacciono quelli delle tipe che riordinano le case degli altri. Anche lì, zero polvere. Queste sistemano interi garage senza un granellino di polvere, senza muffa. Manco un Whisky il ragnetto che passi di lì. Zero. Io se entro nel mio di garage porto ragnatele e sporcizia ovunque per mezz'ora... Per non parlare delle dispense, senza un fil di farina, una briciola di biscotto... manco una farfallina. Zero, nada.
Sembrano tutte case di Barbie. Che quella invece, siccome ce l'avevo, quella di cartone, a più piani con l'ascensore di plastica rosa, quella di polvere ne pigliava eccome!
Diamo sempre tutte le colpe a Barbie, ma in realtà Barbie non ci negava la realtà. Lei era fighissima, è vero. Ma i vestiti suoi dopo un po' che li cincischiavi, puzzavano. Si macchiavano pure. La casa andava spolverata. I mobili rosa, pure.
A noi sono le serie tv che ci hanno rovinato, illudendoci che casa nostra sarebbe stata come quella della signora Robinson - che nettava le sporcizie degli altri, ma non ne produceva in proprio - o dei Tre cuori in affitto. Nemmeno mamma Cunningham spolverava. Cucinava, quello sì, col suo grembiulino e i capelli in piega. Ma mica l'ho mai vista rifare un letto o caricare una lavatrice.
E noi qui ancora adesso, lustri dopo, a sognare l'Australia - senza ragni e serpenti - e gli Happy Days, coi bigodini, sì, ma senza il mocio per i pavimenti. Si vede che le macchine che riparava Fonzie di olio non ne perdevano mai, e a Sottiletta non sudavano le ascelle. Pure Richie c'aveva sempre i calzini puliti e papà Cunningham non si sbrodolava la camicia con il gulash e pure in ferramenta manco un granellino di polvere, per carità!
Nella vita vera, gli unici veri posti al mondo dove la polvere l'hanno abolita sono i conventi. Non ho mai trovato un granello di polvere in un convento, nemmeno sotto i letti, nemmeno sugli stipiti delle porte. Nemmeno nella stanza più remota della torre più alta. Le monache questo super potere ce l'hanno, e da loro la polvere non si posa, ma per rispetto, si vede, per riverenza. Evidentemente, lì è questione metafisica. L'entropia nel convento non si manifesta, perché sono realtà già sospese tra terra e Cielo.
In casa nostra, invece, sì. In fondo non ci rispettiamo nemmeno noi, perché dovrebbe farlo la polvere. Quella da noi abbonda, come i capelli nello scarico della doccia, le ragnatele intorno alle finestre e le briciole della colazione in ogni minimo anfratto della cucina. L'entropia avanza... e poi?
... e poi noi si sogna ancora, pervicacemente, The Home Edit e Georgie, e la signora Cunningham, i calzini immacolati di Richie, la cameriera della signora Jefferson. Mentre si piegano a mano i vestiti - che a stirare, con sto caldo, chi ce la fa?
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