Di gentilezza, presunzione e capelli color drago
"Quando fai così non sembra che vuoi dare una mano. Sembra piuttosto che pensi di poter fare meglio degli altri, e quelli che stai cercando di aiutare si offendono"
Vorrei dire di aver raggiunto questa consapevolezza, insieme all'ingrigire della mia chioma, che ancora scandalizza il mio amico Marco - una donna coi capelli grigi? maddai! mi disse qualche anno fa, notando l'inizio del mio incanutire (sempre troppo lento, immo, che la mia aspirazione per il futuro è Sisu, da Raya e l'ultimo drago, ma siccome non ci penso nemmeno a decolorarmi i capelli, sto pazientemente attendendo il loro naturale sbianchirsi). Che poi, per altro, adesso pure la moda mi ha dato ragione, creando un imprevedibilissimo momento di serendipità tra me e le riviste femminili: alla mia età avere i capelli bianchi è diventato cool (mentre sospetto che non sia più affatto cool usare la parola cool. Seppur niente batte l’antinomico spettacolo di me che dico cringe, generando automaticamente un evento cringissimo per qualsiasi adolescente a portata d'orecchio) Serendipità dicevo, che per altro, mi sforzo strenuamente di nascondere con le mie studiatissime acconciature: capelli raccolti con la pinza o capelli arrotolati stretti nella pinza (cambia la tensione alla radice). Ma quando sarò tutta bianca mi farò i colpi di sole color drago, mi infilerò in vestiti informi con maniche troppo lunghe e finalmente l'immagine residua di me corrisponderà al mio aspetto reale (al di là di tutti i kg in più, ma quelli li infagotto nei vestiti informi).
Comunque, assodata la totale mancanza di relazione tra il grisire (grazie chat gpt per questo verbo) dei miei capelli e certe decisive prese di consapevolezza, la perla di saggezza di cui sopra viene da una quindicenne presente ad un evento occorsomi nei giorni scorsi. Mi trovavo insieme ad una persona quando, in modo - diciamocelo - piuttosto fastidioso, siamo state interrotte in quel che stavamo facendo da un terzo individuo, che portava con poca grazia un suo problema. Invece di farmi i fatti miei, istintivamente ho preso in mano il telefono: "ho la persona giusta per questa cosa". La mia ospite, capelli niente affatto bianchi - ma solo perché tinti - non ancora raggiunte ahimè certe utili consapevolezze tenta subito con esagerato entusiasmo di coinvolgermi. Ma non già per una - stranamente riposta - fiducia nella sottoscritta. Semplicemente, raggiunta da un problema inatteso e seccante, ha visto immediatamente la possibilità di risolverlo, estinguendolo. Cioè buttando la scimmia sulla mia spalla - linguaggio da manager, se ne riparlerà.
In qualche capello bianco - uno dei miei, s'intenda - una qualche forza sovrannaturale si è provvidamente manifestata: intercettato uno sguardo non proprio deliziato per il mio intervento nell'imprevisto interlocutore, ed ecco l'illuminazione:
"scusate, mentre ne parlate vado in bagno"
"Vado in bagno", io che ancora in prima elementare non ho mancato di farmela addosso - giuro - a scuola, per la vergogna di alzar la mano e dire "devo fare la pipì" (sì sì, ci sono sotto angosce e traumi che farebbero ricchi diversi psicoterapeuti, ma io in questo campo finora me la sono cavata col fai da te), io, proprio io, addirittura senza quasi averne davvero bisogno, ho dichiarato ad alta voce: "vado in bagno"
Eureka
Al mio ritorno: "abbiamo finito"
Scimmia sparita dal mio orizzonte
Eureka. Davvero
La quindicenne - figlia mia (per chi se lo stesse domandando: sì è orgoglio quello che trasuda dai polpastrelli alle parole digitate sulla tastiera) - ha assistito di tralice alla scena e ha pronunciato (più tardi, tra le familiari mura domestiche) la frase di cui sopra
Ed ecco una nuova epifania
Quante scimmie, quante scocciature e - soprattutto - quanti inutili rancori collezionati in una vita di mal indirizzate gentilezze. Quando qualcuno irrompe col suo fastidioso problema raramente - a meno che si tratti di un marito - vuole davvero che tu gli risolva il problema. Vuole potersene lamentare, scocciarsi e poi ...
... e poi in fondo non è poi così falso. Armata di monetina ho scrostato la superficie dorata della mia pretesa gentilezza e, come in ogni gratta e vinci che si rispetti: "non hai vinto!". Confesso: sotto la patina dorata della gentilezza ci sta esattamente un bisogno inestirpabile di sentirmi utile, di sentirmi capace, di far vedere che "so far bene", sentendomi gratificata in ogni piccola particella della giornata in cui avverto il sentore di poterne cogliere l'occasione.
Non c'ha torto, dunque, chi s'offende
Smascherata, effettivamente, avverto una gran leggerezza: lascerò d'ora in poi ogni scimmia esattamente sulla spalla del suo legittimo proprietario. Beandomi, questo sì, non più per la mia capacità di rispondere e di fare, ma per l'esatto opposto: come sono brava a lasciar andare! Posso sempre, in casi d'emergenza, andare a fare la pipì...
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