Di uova e mirtilli, tartarughe e Nora Ephron

Quando arrivi a cinquant'anni pensi che di te sai tutto quanto. In cinquant'anni sei arrivata a sapere (e ad accettare) quasi tutto quello che c'era da sapere su te stessa.

Pensi

Perché di cose ne sono successe tante, e ti sei vista reagire, ti sei vista soffrire, di sei vista fare - e non fare - hai adesso la possibilità di elaborare aspettative plausibili su te stessa. Puoi efficacemente sostenere di saper generalizzare: "io faccio sempre così..."

Empiristicamente

Avendo anche già superato quella fase in cui "non può essere che io sia così", per passare a "ok, adesso lo vedo, me ne accorgo pure io. Non avevate torto. Non era mia intenzione, ma almeno adesso lo so"

Adesso lo so

Perché il sospetto ti era già venuto

Di rimandi ne avevi avuti a bizzeffe, ma quando sei ventiqualcosenne o trentaqualcosenne - ma anche dopo i quaranta non cambia ancora più di tanto, adesso che "un ragazzo di trentacinque anni" è una frase che non fa più ridere - non hai tempo per pensare che ci sia una ragione diversa da quella su cui ti stai concentrando tu. Hai da fare, hai da pensare, hai da sistemare. Come la tartaruga che un tempo fu, anche tu correvi a testa in giù e come un siluro sfrecciavi via.

E non è che avvenne un incidente. Anche senza il muro - qualche dente sì, si è rotto, ma quella è un'altra storia - è toccato rallentare. Ma non hai visto il biondo tartarugo, non il mare d'insalata... hai visto nello specchio. Per questo si dice che a cinquant'anni si comincia a capire. Perché a cinquant'anni si comincia a vedere. A vedersi.

E non si tratta nemmeno di un'empirista generalizzazione d'esperienze - che sarebbe probabilmente stato necessario un lasso di tempo meno imponente, per andare a far la media di se stesse.

Si tratta di iniziare a vedere cosa c'è sotto. Quel che gli accidenti nascondono. La sostanza.

Cosa resta, quando quel che c'era (ma avrebbe anche potuto non esserci) non c'è più, ma anche quel che non c'era (ma avrebbe potuto esserci) inizia effettivamente a far capolino?

Inizi a sfrondare insomma, a vedere cosa c'è sotto.

Inizia lì, credo, "quel che resta del giorno". Quando scopri che dopo cinquant'anni di "ma io non faccio colazione", adesso non puoi più fare a meno delle tue uova in padella innaffiate da estratto di mirtilli e frutti rossi - fresco. 

Perché dopo aver tolto qualsiasi traccia di social dal telefono, perché adesso anche basta, nei momenti di vuoto resta solo da scrollare il feed personalizzato di Google. Il quale pure ha generalizzato efficacemente su di te e continua a proporti articoli dalla stessa testata portandoti a comprare il libro di Guia Soncini (un argomento a caso) e ti domandi come sia possibile che una donna che ha fatto tutto diverso da te sia, in questo momento, quella che, parlando di sé, racconta di te. Anche se molti in riferimenti bibliografici non ti trovi, perché tu sei meno sofisticata, meno internazionale, meno ... 

... tu non hai letto Nora Ephron. Ancora.

Come sia possibile non è dato a sapere... fa parte di quegli specchi infranti (come nella puntata di How I Meet Your Mother, quando Marshall si accorge che Lily mastica rumorosamente e poi ciascuno scopre cose che aveva sotto il naso da tutta la vita, ma non se ne accorgeva).

A cinquant'anni gran parte del tempo lo passi raccogliendo quei vetri infranti... 

E poi? 

Ah, io ora mi compro il libri di Nora Ephron. Chissà perché non l'ho mai fatto prima... 

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