Di Zia Bellamy, citronella e dell'agave scomparsa

 

Sul finire della stagione lavorativa - sono un'insegnante precaria, cioè una lavoratrice stagionale - ho pensato bene di riattivare il mio abbonamento Kindle Unlimited. Segno dell'urgente necessità di pulire il cervello da una quantità di gesti e pensieri abituali - apri il registro elettronico, apri l'account di google, verifica la posta, controlla i compiti su classroom, accedi alla bacheca delle circolari. Moltiplica per due visto che quest'anno hai vinto una cattedra con due spezzoni su due istituti diversi che, ma c'è da dirlo? usano due sistemi differenti. Fai un salto, fai la giravolta...  falla un'altra volta... e vai col tango.

Il terribile horror vacui - e con questa son già due volte in quattro post che mi occorre usare questa espressione - che mi coglie ogni mattina aprendo il pc e dovendo constatare l'inutilità dei miei gesti -pure i registri elettronici dei figli sono diventati, con la fine delle lezioni, muti e privi di belle, o brutte, sorprese - mi spinge a dedicare il tempo del mio "riposo" forzato ad attività piacevoli, ma insieme non scevre di stimoli cognitivi.

Come leggere libri gialli, forma di intrattenimento che mi permette di esercitare come fosse una virtù la mia capacità di saltare interi paragrafi per arrivare velocemente alla fine - per poi rammaricarmi di non aver prestato attenzione, sennò certo che l'avrei individuato il colpevole. 

Con una eccezione: Delitto alla sua porta: Un Accogliente Mistero Vittoriano di Erbe, Fantasmi e Una Sospettata Decisamente poco Signorile

Una storia deliziosa, dove il colpevole si intuisce dopo una manciata di pagine, ma non fa niente. Un giallo di cui ho letto esattamente tutte le parole - e niente affatto per scoprire l'assassino, dettaglio del tutto secondario nello svolgimento di una trama in cui quel che succede ha molto meno fascino delle persone alle quali succede - che mi è fin dispiaciuto finire. Ma perché dico io, cara Zia Bellamy hai scritto solo questo "avvincente mistero vittoriano che include:  Un'affascinante protagonista femminile dotata di acuta intelligenza; Antichi saperi erboristici; Un tocco di elementi soprannaturali; Una storia d'amore che si sviluppa lentamente;L'atmosfera suggestiva della Londra vittoriana"??? 

Dovrò ora fare a meno dell'affascinante protagonista femminile dotata di acuta intelligenza, Clara Wetherly  - almeno finché non ne uscirà il sequel, permettendomi di arricchire la mia collezione di figure femminili di riferimento. Da Elizabeth Bennet a Rossella O'Hara, infatti, non son state le Barbie - che pure ho posseduto in abbondanza - a forgiare la mia giovane mente: tra tacchi, ombretto e borsette ho scelto con sempre maggior decisione l'arguzia e l'ironia come marchio di femminilità. 

Ed è così che Clara Wetherly si è aggiunta alla mia raccolta di alter ego femminili, regalandomi qualche ora di sospensione dal riflesso condizionato "apri la posta, hai firmato l'ultima ora? ricorda di inserire l'argomento della lezione". 

Ma Clara Wetherly non è solo in gamba e intelligente, Clara ha una particolarità che probabilmente segnerà il resto della mia esistenza: la buona ragazza è un'erborista. Tra le elementari e le medie per qualche anno con mia mamma s'andava in vacanza in una ridente cittadina di mezza montagna (ad una distanza irrisoria da casa, tant'è che una volta appena arrivate tornammo indietro per recuperare un oggetto dimenticato) le cui attrazioni principali erano l'aria buona, una pasticceria con sala da tè (come è successo che ora mi appaia scandalosamente borghese l'idea di far merenda in una sala da tè, quando ci ho trascorso così tanti pomeriggi infantili?), un parco giochi con le reti per saltare e, per l'appunto, un'erboristeria. 

Non c'era ancora Harry Potter a darci il suo quasi fastidiosamente dettagliato immaginario magico, perciò il negozio dell'erborista - sorella tra l'altro di un collega di mia madre, che a me che son da sempre priva di parentela stretta la faceva apparire una persona estremamente intima e familiare - era quanto di più vicino all'idea di calderoni e pozioni. La mamma ci trascorreva ore ed ore, ed io da bambina bravissima quale sono sempre stata, mi conquistavo con la mia pazienza deliziose stecche di liquirizia - non i rametti grezzi, ma dei bastoncini neri lucidi lucidi, che io pazientemente arrotolavo in bocca per ore ed ore, rendendone l'estremità una punta acuminata.

Così oltre a Nora Ephron - un solo titolo per Kindle, il resto è da ordinare cartaceo - sono approdata ad un altro orizzonte di letture: il manuale di erboristica! L’ho acquistato non tanto per coltivare la salvia, quanto per estirpare — con gesto deciso e botanicamente ispirato — le infestanti abitudini mentali che il mio precedente impiego aveva piantato nella mia psiche come ortiche in un’aiuola. Dove prima preparavo lezioni, correggevo verifiche e calcolavo medie ponderate, ora mi perdo con voluttà tra le pagine che raccontano di infusi e decotti, come se fossero trattati di filosofia naturale (sempre di filosofia si tratta, alla fine). O, almeno, conto di farlo.

Così, incarnando una ben poco vittoriana Clara Wetherly dei giorni nostri, oggi al Banco Fresco, insieme ai soliti mirtilli e lamponi non mi sono lasciata sfuggire un rametto di esotico lemongrass - più prosaicamente citronella. Ho riorganizzato i piani della cucina, appesantiti da tisane invernali niente adatte alle temperature agostane di questo giugno, allestendo un angolo di erbe aromatiche fresche - sì da aggiungere non solo del prezzemolo agli scampi in padella, ma addirittura dell'erba cipollina alle verdure saltate. Avanguardia pura.

Ma questo non è niente: proprio come la ragazza dalla sciarpa verde io mi vedo già padrona dei segreti delle erbe, pronta ad elargire tinture e distillati alla bisogna. Perché, ne sono certa, andrò sicuramente oltre le prime cinque pagine scorse, finora, del prezioso manuale. E poi...

... e poi riuscirò a trovare di nuovo dal mio fornitore di fiducia le foglie di aloe vera. Che guardo e sguardo da settimane, senza trovar ragione per acquistarle. Ma adesso, adesso che sono di fatto un'esperta in erboristeria (un'esperta in potenza, indubbiamente, ma pur sempre un'esperta) avrei tutti i motivi per regalarmene una. Se solo l'avessi ritrovata... 

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